Atletico-Real: i sommersi e i salvati

Se da ieri sera chiedete a un tifoso dell'Atletico Madrid che rumore faccia un palo quando viene colpito, probabilmente risponderà che il suono è simile a quello di uno sparo di un fucile. Un colpo secco e improvviso a cui non sei preparato e che colpisce in piena pancia là dove i sogni prendono forma.
Tanto poco è bastato a decidere una finale in perfetto equilibrio per 120 minuti. Il Real era partito molto bene, mettendo sotto i rivali cittadini e segnando il gol del vantaggio con Sergio Ramos. Col passare del tempo, però, l'Atletico prendeva campo e fiducia, sbagliava un rigore con Griezmann e trovava il pareggio a 10 minuti dalla fine con Carrasco, da poco entrato. Sembrava di rivivere, a ruoli invertiti, la finale di due anni fa, questa volta con i blancos recuperati in extremis. Il tifo colchoneros ci aveva anche sperato forse in questo finale. Che, a guardarlo dalla privilegiata altura della finale, sarebbe stato un degno coronamento della loro campagna europea. Gli uomini di Simeone, infatti, nei turni ad eliminazione diretta hanno dovuto scalare rocce impervie e scoscese. Il calore del pubblico amico li aveva trascinati nella gara di ritorno contro il massiccio Barcellona, i muscoli e la capacità di soffrire erano riusciti a trascinarli oltre il passo Bayern Monaco, situato all'altezza dell'ultimo campo base prima della finale. Il percorso della squadra di Zidane è stato invece più agevole: zaino in spalla e, spesso sulle spalle di Ronaldo, ha eliminato la Roma, ha rischiato di scivolare contro il Wolfsburg ed è passata grazie ad una fortuita deviazione contro il Manchester City. E così anche una stagione cominciata sotto i peggiori auspici ha il suo finale trionfale. Ma attenzione a definire immeritata la vittoria del Real. I neo-campioni d'Europa possono sembrare arroganti e risultare antipatici, ma hanno vinto una Champions che volevano fortemente: sono stati autoritari e spietati e hanno giocato una gran finale. E dal dischetto sono stati perfetti; l'Atletico quasi, ed è questo che ha fatto la differenza. Chiunque sia stato a soffiare sul rigore di Juanfran per mandarlo sul palo, il sospetto è che lo zampino ce lo abbia messo, come sempre, quel destino magico e crudele che li ferma nella pagina sbagliata della storia, quella forse più cara al nostro animo irrimediabilmente romantico, quella dove non si alzano trofei ma scendono lacrime.

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