Juve, senza radici non puoi seminare il futuro

Lunedì sera, all'improvviso, mentre gli occhi di tifosi e appassionati di serie A erano a Torino, nello stadio, dove il Toro incornava nel primo tempo ed era scornato nel secondo, la Juventus al museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo Da Vinci di Milano presentava il suo nuovo logo;


quello che dal prossimo anno apparirà su maglie, gadget, iniziative e negozi targati vecchia signora. Due tratti taglienti e veloci che in teoria dovrebbero rendere immediatamente riconoscibile il marchio Juve: ci sono un J ben definita e sormontata dal nome Juventus in piccolo e un altro schizzo di non ben chiara identificazione e utilità. E finisce qua. Un video, sul sito ufficiale della società bianconera mostra proprio quanto sia distante dalla tradizione e dai precedenti stemmi.

 A ciò ha portato la necessità di avere un brand riconoscibile e di subito impatto anche a livello globale; ormai una legge imperante a cui tutti si devono piegare. Nessun radicamento sul territorio, bisogna essere contemporaneamente da tutte le parti.
Per Andrea Agnelli per continuare a vincere bisogna addirittura cambiare pelle. Simbolo di ciò la scomparsa di qualsiasi toro stilizzato(insieme al rimando alle righe bianconere) che rimandi a Torino, che è e sempre rimarrà, culla bianconera. Ma per Manfredi Ricca, uno dei curatori del progetto, è innovativo perché:"Sinora nessun club europeo ha saputo trascendere l'aspetto sportivo per andare alla filosofia che sta a monte"(ipse dixit). Parole decisamente vuote: al di là che sembrano frasi pompose buttate là per riempire la bocca al volgo(come il latinorum di manzoniana memoria), se ci cimentassimo in una neanche troppo ardita esegesi potremmo trovare delle evidenti contraddizioni. Infatti come si può "trascendere dall'aspetto sportivo" e "andare alla filosofia che sta a monte" se proprio questa filosofia e il proprio territorio vengono rinnegati in maniera così netta? Sembra pura retorica, ma è avvilente constatare come il calcio, da epica della modernità, sia diventato specchio della società; un calcio che rincorre i soldi ed è inutilmente rincorso dai tifosi, veri che vengono sempre più trascurati. Però a detta di tutti i dirigenti il cambio era necessario per portarsi nel futuro. Peccato però che, senza le proprie radici, non si può seminare il proprio futuro.


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